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NEMA PROBLEMA


BOSNIA I HERZEGOVINA, Sarajevo Settembre2015. Tra l'11 e il 12 luglio 1995 Srebenica, in Bosnia Erzegovina, fu teatro dell'efferato genocidio di circa ottomila tra uomini e ragazzi musulmani bosniaci da parte delle forze armate Serbo-bosniache che aveva come obiettivo quello di distruggere il gruppo etnico bosgnacco.

Sono passati quasi 27 anni, ma ogni anno altri corpi vengono ritrovati e seppelliti, e ogni anno i sopravvissuti, per lo più donne, tornano per commemorare i loro padri e fratelli, mariti e figli. Più di 100 mila persone sono state uccise durante la guerra in Bosnia che ha visto gli uni contro gli altri serbi, croati e musulmani bosniaci dopo lo scioglimento della federazione Jugoslava e la violenta reazione del governo serbo guidato da Milosevic. La guerra si concluse con gli accordi di pace del 1995.

Quello che avvenne a partire dall'11 luglio 1995, quando Ratko Mladić, soprannominato poi il “macellaio dei Balcani”, alla testa delle truppe serbo-bosniache entrò a Srebrenica, enclave serba in territorio bosniaco, fu una vergogna per la comunità internazionale in quanto la città era stata dichiarata dal 1993 "zona protetta" per i civili delle Nazioni Unite. Circa 15.000 bosniaci, quasi tutti uomini e ragazzi musulmani fuggirono nei boschi intorno all'enclave. Il resto della popolazione si ammassò intorno alla base delle Nazioni Unite in quella che in precedenza era una zona industriale, nella speranza che le forze di pace olandesi dell'ONU li proteggessero.

I Caschi Blu guardarono invece impotenti le truppe serbe mentre catturavano circa 2 mila tra uomini e ragazzi dal compound - tra i 12 e i 70 anni -, destinati all'esecuzione. L'inazione dei Caschi Blu è stata successivamente giudicata come “corresponsabile” del massacro da un tribunale olandese. Nel frattempo, nei boschi intorno a Srebrenica, i soldati serbi davano la caccia ai bosgnacchi in fuga uccidendoli uno ad uno. Gli assassini cercarono di nascondere le prove del genocidio, accumulando la maggior parte dei corpi in improvvisate fosse comuni, che poi scavarono con i bulldozer per sparpagliare i cadaveri in vari luoghi di sepoltura. Negli anni successivi, i corpi sono stati riesumati e le vittime identificate attraverso il test del DNA.





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